La Val d’Elsa
HOME IL TERRITORIO ITINERARI SENTIERI TREKKING CULTURA SAGRE E FESTE  


La via Francigena

Il territorio dell’attuale Comune di Gambassi Terme, in epoca medioevale, fu attraversato, in direzione sud-est/nord-ovest, da un fascio di strade, che in varie occasioni assunsero il nome di ‘Francigena’ o ‘Romea’, e segnatamente i suoi percorsi ‘collinari’ o ‘di costa’. L’itinerario più famoso è quello descritto da Sigerico, arcivescovo di Canterbury, che, tra il 990 e il 994 di ritorno da Roma, ne indicò il percorso fino alla Manica. Questi, alla XX submansio, registrò Sancte Maria Glan cioè la pieve di Santa Maria a Chianni , fra le tappe di San Gimignano (Sancte Gemiane) e di Coiano (Sancte Petre Currant). Evidentemente si trattava del precedente edificio, che doveva trovarsi al posto dell’attuale edificio romanico, risalente alla fine del XII secolo. Altro illustre ricordo di questo itinerario lo troviamo in un verso di una chanson de geste, La Chevalerie d’Ogier de Danemarche, giuntaci in una rielaborazione del XIII secolo, che ricorda un inseguimento valdelsano lungo questo tratto: «... Passe le Noir et si passe le Blanc / Sainte Marie passe desus le Grant, / Et vin es pres desous Saint Garillant». Questo percorso, proveniente da San Gimignano, Cellole, Pancole, Santo Pietro, proseguiva in territorio gambassino per Luiano, Riparotta, Gambassi, Chianni, ‘Stradina’, Arsiccio. Questa «via publica» veniva ricordata anche in un documento volterrano del 1264. Con ogni probabilità riferiti a questo percorso rimangono dei tratti selciati visibili lungo la strada comunale di Luiano e quella privata di Sant’Adele/Meliana. Nei pressi della località Mulino della Madonna si notano tuttora i ruderi di un ponte di probabile origine medievale.

Un secondo itinerario, sempre proveniente da San Gimignano, all’altezza di Montecarulli si dirigeva a un guado più a valle del torrente dei Casciani, per proseguire verso Gavignalla, Santa Lucia, Gambassi o altrimenti verso Varna e Castelfiorentino. Il percorso lo troviamo ricordato in un documento volterrano del 1236 e soprattutto in alcune deliberazioni sangimignanesi del 1279. Alcuni tratti selciati sono visibili lungo la strada comunale di Gavignalla e il ponte (ormai franato) sul Casciano sembra poggiare su fondazioni più antiche.

Un altro probabile itinerario, posto più a valle lungo la riva sinistra dell’Elsa, proveniente dal territorio sangimignanese toccava Torri, i castelli di Ulignano e San Benedetto, la Badia Elmi e il castello di Pulicciano e, in territorio gambassino, la Badia a Cerreto, Fogneto, Montemagni, il castello di Catignano, Celda, ‘Buonriposo’, Vecchiarelle, Castelfiorentino.Questo fascio di strade toccava ben sei castelli, i cui resti sono situati nell’odierno comune di Gambassi Terme: Macie/Luiano, Riparotta, Gambassi, Arsiccio (lungo il percorso ‘di costa’), Gavignalla e Catignano (su quelli più a valle). Pure numerosi sono i centri dell’organizzazione ecclesiastica posti sulle varie ‘Francigene’: la chiesa di San Lorenzo a Luiano, quella di Santo Stefano a Gambassi, la Pieve di Santa Maria a Chianni, la chiesa di San Michele all’Arsiccio (lungo il percorso ‘di costa’), la Badia Elmi, la Badia a Cerreto, la chiesa di San Salvatore a Fogneto, quella di San Michele all’Agresto, la chiesa di Sant’Andrea a Gavignalla, quella di Santa Lucia, quella di San Bartolomeo a San Pancrazio, quella di San Martino a Catignano, la canonica di San Giovanni a Varna (lungo i percorsi più a valle). Lungo queste strade sorsero, in epoca medievale, almeno due ospedali: l’hospedale pauperum et transeuntium egenorum nei pressi di Catignano nel 1280 e l’hospedale pauperum di Gambassi nel 1285.

 

I DINTORNI DI CASTELFIORENTINO


Dalla centrale Piazza Cavour, attraversando il ponte sul fiume Elsa e voltando a destra, si imbocca Via Sanminiatese, che porta fuori dal paese. Dopo aver superato Dogana, piccola frazione che nell'antichita' era il confine comunale, si arriva il localita' Madonna della Tosse, dove si trova il tabernacolo affrescato da Benozzo Gozzoli e dai suoi allievi nel 1484 (oggi gli affreschi sono custoditi e visitabili presso la Raccolta Comunale d'Arte, in Via Tilli).
Prendendo la strada a sinistra si sale a Castelnuovo d'Elsa, piccolo centro in posizione dominante sulla valle e con resti di mura e costruzioni medievali. Nei dintorni di questo borgo, a circa 3 Km in direzione sud-ovest, c'e' la Pieve di Coiano, tipico esempio di romanico toscano. 
Riprendendo la strada per Castelfiorentino, si trova l'indicazione per la Villa di Meleto. Dopo la Villa, riattraversando il fiume Elsa, si incontra la Villa di Granaiolo, costruita nei primi del '400 sulle rovine di un'antica fortificazione.
Proseguendo verso Castelfiorentino si attraversa la frazione di Cambiano, dove si trovano una bella villa quattrocentesca e la Chiesa di San Prospero, di cui si hanno notizie fin dal lontano 863. 
Da Castelfiorentino, seguendo le indicazioni per Renai, si percorrono alcuni tornanti finche' su una ripida salita si trova la Pieve Vecchia, primo nucleo abitato di Castelfiorentino, dalla quale si gode un bellissimo panorama del paese. Proseguendo sulla stessa strada si incrociano la Fattoria e la Villa di Cabbiavoli. A poca distanza si trova anche la Villa di Montorsoli con un bel parco intorno. Continuando per la strada bianca si scende nel Piangrande, da dove si scorge il Castello di Oliveto, di grande interesse storico ed artistico. Da qui, dopo 2 Km, si riprende la strada statale 429 e si torna a Castelfiorentino.

Pieve di San Lazzaro a Lucardo

Situata sulla strada che da Certaldo porta alla frazione di Fiano, in un paesaggio incontaminato, si trova la Pieve di San Lazzaro a Lucardo di stile romanico-lombardo, da essa anticamente dipendevano varie chiese di Certaldo. Notevole la struttura ed i particolari architettonici nonché il panorama che si può godere della campagna toscana dal piazzale antistante l'entrata della pieve.

 

 

 

IL PADULE

Con i suoi circa 1.800 ettari di estensione divisi tra la Provincia di Firenze e quella di Pistoia, il Padule di Fucecchio rappresenta oggi la più grande distesa palustre interna italiana ed una tra le più importanti zone umide della Toscana.Per una maggiore tutela dell'area, parte del Padule (circa 230 ettari) è protetto da Riserve Naturali istituite negli ultimi anni dalle Province di Pistoia e Firenze: sono Riserve Naturali le aree Le Morette e La Monaca-Righetti. Tutto il resto del bacino palustre rientra nelle relative Aree Contigue.Le visite guidate all'interno della Riserva Naturale sono curate dal Centro di Ricerca, Documentazione e Promozione del Padule di Fucecchio, associazione Onlus che promuove la conservazione e la valorizzazione - oltre che del Padule di Fucecchio - anche del Lago di Sibolla e di altri ambienti della Toscana settentrionale.

MONTALBANO

Un suolo ricchissimo
La natura geologica del suolo varia moltissimo: dalle pietre arenarie, alle argille di ambiente marino ai depositi fluviali-lacustri. La natura del suolo spiega le cave di materie prime per le fornaci di ceramiche e quella di pietra serena usata fino alle epoche più remote per rifinire e abbellire le abitazioni. Lo stesso Leonardo si occupò nelle visioni fantastiche del "diluvio" del nativo Montalbano e delle conchiglie fossili che vi si trovavano. A questo proposito egli scriveva "nel taglio di colle Gonzoli... li predetti gradi de', nichi in fango azzureggiante, e vi si trova di varie cose marine".

Un natura "dolce e salubre"
L'area protetta del Montalbano, che si estende per 16.000 ettari nella zona compresa tra le province di Firenze, Pistoia e Prato, è caratterizzata da un paesaggio prevalentemente collinare dominato dalla presenza di viti (coltivate nella parte piana o in alcuni terrazzamenti), di olivi (diffusi sui pendii più alti) e di boschi di castagni (sulle sommità).
Le caratteristiche paesaggistiche del territorio rendono il Montalbano un luogo adatto per passeggiate ed escursioni. Numerosi sono infatti i percorsi, effettuabili a piedi o in bicicletta, che raggiungono località collinari immerse nel verde, siti archeologici di rilievo e boschi antichissimi come il lecceto di Pietramarina.

Certaldo Alto

 

 

Il borgo storico, detto anche “Castello”, è raccolto entro le mura su cui si aprono le antiche porte di accesso al borgo: Porta Alberti, Porta al Sole e Porta al Rivellino. Si può accedere al borgo risalendo le antiche e affascinanti ripide vie dette Costa Alberti e Costa Vecchia, oppure dalla più moderna Via del Castello, o tramite la funicolare che parte da piazza Boccaccio.
Caratteristica principale dei borghi medioevali, era la piazza, su cui si affacciavano tutti i poteri dell’epoca: potere religioso, politico, civile, e commerciale. Certaldo si è sviluppato su una collina dalla conformazione allungata e di forma ellissoidale che non lasciava spazio alla ‘piazza’, la cui funzione è stata assunta dall’attuale Via Boccaccio sulla quale infatti si affacciano la Chiesa, il palazzo del potere (Palazzo Pretorio) e le Logge del Mercato (Palazzo Stiozzi Ridolfi), oggi chiuse ma ancora visibili nei muri. Gli attuali spazi che possiamo identificare con le piazze, all’epoca non erano che orti, che sarebbero serviti a fornire cibo alla popolazione in caso di assedio.


Montelupo - ITINERARIO 2

L’itinerario è caratterizzato da numerosi parchi e giardini, tra i quali il Parco dell’Ambrogiana, all’interno del quale si svolge la gran parte del percorso che giunge fino alla Torre, frazione di Montelupo, che deve il suo nome alla costruzione di una grande torre medievale, poi appartenuta ai Frescobaldi.

Il tour ha inizio nel centro storico e, attraversando il ponte sul fiume Pesa, giunge all’inizio di viale Umberto I. Dopo aver percorso il primo tratto del viale si trovano i giardini del Parco dell’Ambrogiana che, come l’omonima frazione di Montelupo, prende il nome dalla famiglia fiorentina degli Ambrogi, proprietari dell’area nel corso del XV° secolo.

La Villa Medicea che si erge presso la confluenza del torrente Pesa nell’ Arno, fu costruita negli anni 1587-89; essa veniva usata dalla famiglia Medici, sia per soggiorni venatori, sia come luogo di sosta negli spostamenti da Firenze verso Livorno e Pisa.

Costeggiando il lato sinistro della villa, giungiamo all’orto dell’antico Convento Alcantarino, costruito da Cosimo III de Medici per ospitare i padri devoti a San Pietro d’Alcantara, provenienti dalla Spagna. Al centro dell’Orto del convento rimane un congegno meccanico (bindolo) per sollevare l’acqua da irrigazione, mentre, appoggiate al muro di cinta, si trovano due piccole cappelle, dove sono visibili alcuni affreschi di Pier Dandini con scene religiose e momenti della vita di San Pietro d’Alcantara. Uscendo dal giardino tramite la porta che immette in via della Chiesa, giungiamo di fronte alla Chiesa dei Ss. Quirico, Lucia e Pietro d’Alcantara: originariamente dedicata al solo S. Pietro d’Alcantara, conformemente all’austera vita dei frati, presenta una sola navata con due altari dedicati all’Immacolata Concezione e a San Francesco d’Assisi.

A questo punto il percorso prosegue fino al Museo Archeologico, ove, attraverso l’esposizione di numerosi reperti, si documentano gli insediamenti umani presenti sul territorio dal Paleolitico Inferiore al Tardo Medioevo. Qui, la sede stessa del museo può essere considerata un punto d’interesse, visto che lo scavo che ha preceduto la ristrutturazione dell’edificio ha incontrato tracce cospicue di una necropoli romana sopra la quale fu costruita nell’VIII sec d.c una prima chiesa cristiana dedicata a S. Quirico. A questo edificio venne accorpato, fin dal 1482, quella di Santa Lucia, fondata almeno il secolo precedente.

Dopo la visita al museo, l’itinerario prosegue lungo l’Arno e, poco lontano, si trova la Torre dei Frescobaldi. L’abitato di Torre è legato alla lavorazione del vetro, e quindi il suo principale documento è il luogo ideale per ospitare in futuro un museo dedicato a questa arte e a quella delle fiascaie, donne che in passato erano addette alla impagliatura dei fiaschi di vetro.

La passeggiata continua prima costeggiando il fiume lungo via torre, poi sull’argine verso la frazione di Fibbiana.

Dopo circa 1 km in mezzo alla campagna si erge l’imponente Villa Mannelli. Il suo coronamento merlato, che si può intravedere dall’argine, potrebbe derivare da una struttura difensiva poi inglobata nella villa. Per raggiungere l’edificio è necessario girare a sinistra, percorrere il viale alberato, costeggiandone le mura di recinzione: dal cancello principale si intravede, così, la facciata arricchita dal fastigio con l’orologio, che le da il caratteristico aspetto settecentesco. Oggi l’edificio è di proprietà privata, pertanto il suo interno non è visitabile.

 

Il castello di Montegufoni

Il primo itinerario ci conduce attraverso la via Volterrana al castello di Montegufoni posseduto fin dal 1160 dalla potente famiglia degli Acciaioli.
Qui ebbe i natali, in una stanzeta tasformata poi in cappella , il celebre Niccolò, il quale, recatosi a Napoli a esercitare la mercatura, seppe conquistarsi. con il suo ingegno e il suo talento, il favore di re Roberto che gli volle affidare la custodia dei suoi nipoti, i principi di Taranto.
In qualità di tutore della regina Giovanna e di Gran Siniscalco govrnò per circa vent'anni il reame di Napoli.
Il castello era all'epoca un castrum formato da sette edifici staccati l'uno dall'altro, destinati ad ospitare gli artigiani e gli agricoltori al servizio dei proprietari e racchiusi nel giro delle mura che lo recingevano.
Tale complesso dette poi origine all'attuale castello, ristrutturato nel secolo XVII.
Ad un primo intervento di Ottaviano Acciaioli, che nel 1632 arricchì l'edificio di quaranta stanze secondo il progetto di Gherardo Silvani, seguì l'intervento più vistoso che ha connotato l'aspetto del castello.
Come ricordano le lapidi poste nel cortile del palazzo, esso fu realizzato dal figlio di Ottaviano, il senatore e marchese Donato, e da suo fratello, il cardinal Niccolò che vi aggiunse la facciata che guarda a tramontatna e la galleria costruita sopra l'antico portico che serviva da luogo di convegno per i membri della propria famiglia.
La villa che fu successivamnte abbellita dai lavori promossi dal figlio di Donato, Ottaviano, e dal nipote Antonio, venne corredata di un bellissimo giardino che gareggiava con quelli delle ville principesche della Petraia, di Castello e di Pratolino, costituendo un degno completamento dell'architettura con continui rimandi fra spazi aperti e chiusi.
Se alti finestroni consentivano affacci sul giardino, la decorazione delle sale interne presentava fiori e frutta in un sottile rimando di immagini.
Giochi d'acqua, grotte incrostate di stalattiti, piante rigogliose di diversi tipi lo resreo luogo di delizie, ambito da famigie nobili che a lungo vi sostarono a tra di esse finanche la famiglia medicea.
La presena di artisti, poeti, comici accolti dalla liberalità dei suoi illustri proprietari, contribuì a trasformare Montegufoni in un luogo di incontro colto e raffinato.
A Donato - dfinito nei documenti "architetto" - si deve oltre all'impianto della villa e del giardino anche la ristrutturazione della cappella gentilizia che, se certamente già esistente, venne ampliata nel 1673 per accogliere una coispicua collezione di reliquari.
Questa, voluta dalla religiosità del marchese, ben si confaceva anche agli interessi del granduca Cosimo III che i documenti d'archivio ricordano sollecito nel visitarla.
L'interno della cappella - compreso anche il dipinto inserito ta il pannello centrale dell'abside e i ripiani dei reliquari - è opera di Cosimo Ulivelli che con i suoi affreschi conferì all'insieme un effetto cortonesco che dovette molto piacere al suo mecenate Donato Acciaioli.
All'interno del proprio appartamento Donato Acciaioli predilesse i pittori che lavoravano agli Uffizi su commissione di Cosimo III, come Agnolo Gori.
Le decorazioni del Gori trattano diversi soggetti: da argomenti simbolici desunti dal mondo classico a soggetti religiosi, da ritratti di vescovi e cardinali della famiglia Acciaioli a decorazioni archittettoniche e festoni di frutta.
nello studio personale di Donato alla pennellata puntigliosamente descrittiva del Gori si sostituì l'estro di Alessandro Gherardini, il quale dovette completare allo scadere del secolo la decorazione interna del castello.
Donato restaurò anche la torre - eretta nel 1386 - che domina il castello stagliandosi sulla campagna son una sagoma che richiama la torre di Palazzo Vecchio.
In tempi più recenti, cessata la proprietà degli Acciaioli, il castello ha vissuto vicende diverse.
Se ancora all'inizio del secolo il Guarducci ne lamentava lo stato di abbandono per la generale ignoranza e mancanza di gusto, a pochi anni di distanza l'acquisto da arte di Sir George Sitwell, personaggio stravagante appartenente all'aristocrazia inglese, diede nuovo impulso alla vita del castello.
Sir George lo restaurò prima di andarci ad abiare definitivamente non accettando consigli sui lavori: chiamò Gino Severini a dipingere i suoi Arlecchini nelle sale degli Acciaioli di fronte alla proposta dei figli di farle affrescare da un giovane pittore, Pablo Picasso.
Dei suoi tre figli, edith, Osbert e Sachervelì, prototipi di una categoria dandy con interessi letterari che fecero della cultura un fenomeno mondano ed elegante, Osbert, una volta morto il padre, si insediò definitivamente a Montegufoni.
L'attuale proprietà ha nuovamente cambiato il destino di questa villa - dove durante la guerra fu nascosta la Primavera di Botticelli e altri capolavori degli Uffizi - rasformandola in un luogo di soggiorno per gli amanti della campagna.
In origine nel piviere di Montegufoni erano comprese tre chiese, ma nella Decima Pontificia del 1267 si trova citata solo la rettoria di san Lorenzo, segno che era già avvenuta l'annessione a questa delle altre due chiese: Santa Maria alle Calvane e Sant'Andrea.
La chiesa di San Lorenzo conserva scarsissime racce della sua origine romanica e fu radicalmente trasformata nel secolo XVII.
Gli Acciaioli che ne esercitarono il patronato la dotarono di opere d'arte di grandissima importanza come la Croce dipinta di Taddeo Gaddi, posta dietro l'altare maggiore.
Questa famiglia cadde in rovina agli inizi del secolo XVII e tutti i beni vennero acquistati dagli Usibardi. Nel 1663 Donato Acciaioli riuscì a riacquistare le antiche proprietà dando nuovo impulso al complesso con il restauro nel 1674 della chiesa e dei suoi annessi. Durante il secolo XVIII la chiesa fu nuovamente restaurata e in quest'occasione venne eseguito nel 1764 da Gian Domenico Ferretti l'affresco del soffitto.

 

 

Sito realizzato da Adriano Assedi come prova finale del corso "Realizzare siti web con Dreamweaver" tenuto dal web-designerMassimo Ciotta, presso il Trovamici di Empoli, gennaio 2009.